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Maurizio Garuti
Il lungo inverno
La Resistenza a San Pietro in Casale
e nella Bassa bolognese
Minerva, 2022, pp. 175, € 15,00
Spesso
ho scritto i miei libri ricavando le storie dall’ascolto della gente. È
successo anche stavolta. In realtà sono soltanto tre o quattro i
partigiani che ho potuto ascoltare direttamente dalla loro voce. Gli
altri, nel territorio che mi interessava, non c’erano più. Il tempo se
li era già portati via.
Per
fortuna, molti di loro avevano lasciato memorie scritte della loro
attività partigiana nei mesi di fuoco fra il 1943 e il 1945. Memorie
disperse in monografie, antologie, opuscoli, fogli sparsi. Le ho
cercate nelle biblioteche. E così ho potuto risalire alla loro voce. E
ascoltarli. Quasi come se mi parlassero.
Ne è uscito questo romanzo corale di storie vere, dove nulla è inventato, se non il flusso della narrazione.
Maurizio Garuti
Ritratto segreto di Giuseppe Dozza
Romanzo. Con ampio apparato fotografico
dall'archivio di Walter Breveglieri
Minerva, 2021, pp. 192, € 19,00
Giuseppe Dozza è stato il sindaco più amato di Bologna. Fattorino di bottega, a14 anni scopre il socialismo ed evade da un destino di vita già
tracciato. Ripara in Francia per sfuggire al carcere fascista, diventa
uomo di punta del Pci in esilio. Vive una vita avventurosa, ricorre a
una mezza dozzina di identità false per nascondersi e sopravvivere. È a
Mosca negli anni cupi delle “purghe” staliniane, ma viene preso di
mira perché non abbastanza sottomesso a Stalin. Il Pci lo emargina e
poi lo riaccoglie. Ritorna a Bologna per combattere i nazifascisti. È
il sindaco della Liberazione e della ricostruzione. Memorabili gli
scontri e gli incontri con Lercaro e Dossetti. Poi a sessant’anni lo
colpisce una malattia invalidante, lenta e inesorabile. Seguono anni di
solitudine e di deserto affettivo. Le fotografie di Walter Breveglieri,
in gran parte inedite, offrono una visuale straordinaria sul
personaggio, su Bologna e sul Pci fra il 1945 e gli anni Sessanta. E
completano un racconto che avvince ed emoziona.
Prima presentazione: martedì 16 novembre 2021 ore 18,30 nel salone della sede storica del Pci, via Barberia 4 (Bologna). Con Aldo Balzanelli (giornalista), Matteo Marchesini (critico e scrittore), Roberto Mugavero (editore). Letture di Gabriele Marchesini (attore e regista teatrale).
Maurizio Garuti
Fuga in campagna
romanzo
Minerva, 2021, pp. 262, € 16,90
Andrea
Traversi, stimato professore di liceo e scrittore cinquantenne, si
trasferisce in campagna con la moglie Francesca e la figlia
tredicenne Maria Sole. Lascia una casa signorile nella zona
universitaria di Bologna, ormai invivibile nelle ore notturne per sballo
e caos. Andrea cerca nella campagna uno spazio incontaminato, dove
spera di trovare ispirazione per i suoi romanzi e serenità per la sua
famiglia.
Ma
le cose non vanno come previsto. La campagna non è l’Eden che lui favoleggiava. È una pianura misteriosa e
nemica, che custodisce un segreto sconvolgente tra le mura di una villa
nascosta fra i campi. Altri personaggi entrano in
scena. E la storia prende le forme del thriller.
Maurizio Garuti
Pagine ad alta voce
Teatro da leggere
Collana I Chiodi
diretta da Matteo Marchesini
Pendragon, 2021, pp. 381, € 18,00
Sia
detto sottovoce, ma il libro che avete tra le mani è una specie di
scandalo. Culturale, letterario; soprattutto teatrale. E’ lecito riunire
in un solo volume una pièce alla Pinter e un’epopea emiliana scritta
per Marescotti o Vito? E’ possibile esordire da sofisticati premi
Riccione e maturare convintamente nazionalpopolari?
In
questo scandalo sta la singolarità di Maurizio Garuti, il cui talento
per la narrazione e per la scena si può paragonare a quello di certi
vecchi artigiani ormai introvabili. Garuti possiede tutte le doti che i
teatranti cosiddetti sperimentali disprezzano senza averle imparate:
precisione, estro, senso istintivo dei tempi, amore per la verità
concreta. E la sua vittoria giovanile sul loro terreno, riesaminata
oggi, sembra quasi una sfida beffarda.
E’
come se il drammaturgo, facendo il primo passo in pubblico, avesse
voluto dire: “visto che ho le carte in regola? Adesso però basta, mi son
già stufato”. Eppure in questo Teatro da leggere c’è
una coerenza. Prima di tutto, circola ovunque la stessa passione per la
storia monumentale e materiale: quando si leggono o si ascoltano le
battute novecentesche di Fox, il monologo sul Giro d’Italia del 1914 o
le pagine sul mito di Garibaldi, si può star sicuri che ogni particolare
illuminato dall’autore è veritiero, e acquista il significato tra
personale e leggendario che gli dà chi di quella storia si considera un
ultimo erede. Ma al tempo stesso, dall’inizio alla fine, la raccolta è
permeata dalla consapevolezza amara che gli eventi si perdono nella
diceria quanto più ci si avvicina alle classi che la storia l’hanno
subìta senza scriverla, faticando come bestie e rialzando il capo solo
in rari attimi di comica, struggente testardaggine. Già nel dramma degli
esordi, ciò che resta alle povere figure spaesate non è forse appena un
po’ di astuzia bertoldesca, che balugina a tratti nella routine della
demenza? Ognuna di loro, come il maiale condotto a morte in un’altra
pièce di straordinaria esattezza antropologica, “ignora i dettagli, ma
intuisce il senso”. Che è il senso di uno smarrimento originario,
indistinguibile dall’identità. “Mi ricordo d’essere sempre stata in
clinica” dice Ester nella Casa dei ferrovieri. E chi mai, in quella Bassa che è forse l’unica vera musa di Garuti, può dire di esserne uscito?
Matteo Marchesini (dal risvolto di copertina)
Maurizio Garuti
Lontano da Padre Marella
Monologo teatrale
Fotografie di Walter Breveglieri
Minerva, 2020, pp. 82, € 8,00
in libreria e in distribuzione con Il Resto del Carlino in edicola
Il
protagonista di questa storia è un uomo che si racconta in prima
persona. Ha incontrato due volte don Marella e sono state entrambe
esperienze decisive per la sua vita. Il primo incontro avviene nel 1927
e dura tre anni. Olinto Marella è il suo professore di Filosofia al
liceo Galvani di Bologna. Nessuno fra gli allievi sa che fino a sedici
anni prima il docente era un prete e che il suo sacerdozio è stato
interrotto bruscamente da una sospensione a divinis. È un professore
“strano”, veste una marsina monacale, si avverte in lui un “maestro di
vita”: è uno che ti induce a guardarti dentro.
Poi
il suo passato viene a galla, la sua colpa è stata quella di essere un
prete “scomodo”; viene riabilitato e, in seguito, diventa a tutti gli
effetti padre Marella, l’eroe di una straordinaria dedizione di sé per
il riscatto degli ultimi. Il secondo incontro avviene
trent’anni dopo, nel 1958. L’ex studente si è laureato, è stato in guerra, ha fatto un po’ di Resistenza, ha creduto in una società nuova e in un percorso laico diverso da quello di ispirazione religiosa. Rivede il suo ex professore all’uscita dal cinema, una notte di neve, questuante per le sue opere sociali. Sono due vite che si incrociano, e il protagonista sii trova a fare un bilancio impietoso della propria.
Maurizio Garuti
Il cuore delle donne
Storie vere di cibo, amore e coraggio
Pendragon, 2020, pp. 304, € 18,00
Incontrare
una donna, dirle: «Parlami di te». Ascoltarla. Interloquire soltanto
per assecondarne il flusso dei ricordi e dei pensieri. Lasciar cadere
ogni tanto un «E poi?», «E allora?».
L’ho fatto decine di volte, con donne di ogni età, anche
oltre la soglia della vecchiaia. Mi hanno confidato i loro segreti, i
loro sogni, i loro amori. Mi hanno svelato le trame e i personaggi della
loro vita: fidanzati, figli, mariti, padri e madri. Due parole chiave
nei loro discorsi: l’amore e il cibo. Aspetti della stessa vocazione
profonda, che nella grammatica femminile è voce del verbo prendersi
cura. Un verbo che tocca subito sfere più vaste: il lavoro, la famiglia,
la società. Si dilata anche la nozione di amore: cuore non è più solo
cuore, diventa coraggio, forza vitale, slancio verso gli altri. Questo
libro nasce da un ascolto che dura da diversi anni. Per me la sfida era
cogliere la fiamma
di ogni donna e provare a raccontarla: a volte con uno schizzo, una confessione, un monologo; altre volte imbastendo un miniromanzo. Il tutto in casuale mescolanza di tragico e comico, anche uscendo dalle righe
del reale, ogni tanto. La scena è emiliana, dalla città alla pianura, dall’ultima guerra ai nostri giorni. Oltre due terzi di un secolo. È cambiato il mondo nel frattempo. Le donne sono cambiate più di tutti. Nei diritti, nella coscienza di sé, nel ruolo sociale. Ma per fortuna sono anche rimaste quelle di sempre.
Maurizio Garuti
Il segreto della cavallina storna
Minervai, 2017, pp. 167, € 15,00
L’assassinio di Ruggero, fattore del principe Torlonia e padre di Giovanni Pascoli, è il giallo più indagato
e meno risolto della letteratura italiana. Tre processi non sono bastati a individuare i colpevoli.
Ora una confessione, fi ltrata segretamente da una generazione all’altra in seno a una famiglia di Savignano sul Rubicone, getta una luce nuova e forse risolutiva sul delitto.
Maurizio Garuti raccoglie questa confessione e costruisce un racconto appassionante che riunisce il ritmo del giallo e lo spessore del romanzo di formazione. Siamo nel 1958, in Romagna, in un mondo contadino che sta per essere spazzato via dai tempi nuovi. Un bambino di 11 anni ascolta i discorsi degli anziani nella stalla e carpisce brandelli di una verità sconvolgente, che rovescia ciò che abbiamo imparato a scuola e che abbiamo sempre creduto.
Maurizio Garuti
Il nemico dentro
Pendragon, 2016, pp. 190, € 14,00
La scoperta casuale di un segreto che si nasconde in seno alla sua famiglia è la prima campana a martello per la vita quieta di Giovanni Lampredi, psichiatra cinquantenne. In una Bologna trasfigurata dal caldo e dalla solitudine, la sua esistenza cambia corso. Un figlio segnato da una stella maligna, l’accoltellamento da parte di un paziente, l’abbandono della professione, la fuga con la famiglia in una villa sui colli: sono le tappe di una discesa nell’abisso sotto l’incalzare di un nemico spietato e implacabile.
Maurizio Garuti
La voce dell'acqua
Pendragon, 2017, pp. 158, € 14,00
Fiumi, canali, paludi, argini, maceri, pozzi. Una popolazione e un territorio raccontati seguendo le peripezie dell’acqua. Questo libro nasce dall’osservazione del paesaggio, dalle fonti disponibili nelle biblioteche, dalla tradizione orale e dall’ascolto di chi è stato testimone, dalle tracce reperibili nel dialetto e nei toponimi. Il risultato è una narrazione che assomiglia più a un romanzo che a un saggio, con una folla di protagonisti composta, nel corso del tempo, da coloni romani, monaci benedettini, contadini, barcaioli, mugnai, mondine, scarriolanti, possidenti, bonificatori, tecnici idraulici.
Maurizio Garuti
Melodramma
Minerva Edizioni, 2016, pp. 245, € 15,00
Il romanzo di una vita. La voce narrante è quella della protagonista, Antonia, a cominciare dalla prima fanciullezza. Il torbido ambiente di famiglia sull’Appennino emiliano degli anni Cinquanta. L’infanzia
violata, che le lascerà una ferita insanabile. Il trasferimento a Bologna negli anni del boom economico. I genitori sporchi e cattivi, subito esclusi dalle speranze di benessere. Antonia cerca un lavoro e cerca se stessa. Bella e intraprendente, è commessa all’Upim mentre il mondo gira intorno ai grandi magazzini. Ma quella macchia la insegue come una colpa. Sposa un piccolo imprenditore tutto casa e capannone, ha una famiglia, dei figli. Sembra aprirsi per lei una prospettiva di stabilit?, ma non è così. Un amore sconveniente, di grande passione, la travolge. Yannis, lo studente greco della casa di fronte, fragile e drammatico, è l’innesco della svolta. Da una finestra comincia il filo del loro incontro. Una finestra che si apre su un abisso ma anche su un futuro di vita nuova, per i diversi destini dei due amanti. Orgogliosa, eroica, tenace, Antonia riannoderà il filo spezzato della sua esistenza.
Maurizio Garuti
Il libro cuore di Persiceto
Minerva Edizioni, 2015, pp. 240, € 15,00
"Una galleria straordinaria di scolari, di maestre e maestri, di eventiedi cambiamenti, lungo il percorso della nostra formazione di individui e di collettività, a partire dagli inizi del Novecento. Garuti sceglie come osservatorio la scuola elementare di San Giovanni in Persiceto, restaurata dopo il terremoto che ha ferito l’Emilia. Il risultato è un romanzo corale di storie commoventi, esilaranti, autentiche. Grande ritmo narrativo, passioni da libro Cuore con il giusto correttivo di ironia e disincanto."
Maurizio Garuti
Due giorni e una notte nella Grande Guerra
Minerva Edizioni, 2015, pp. 64, € 5,00
Lettura-spettacolo di Ivano Marescotti
15 aprile 2015
Oratorio di San Filippo Neri, Bologna
Due anni fa, quando uscì Fratelli d’Emilia, scrissi che “Maurizio Garuti incessantemente fila e tesse, cuce e rammenda le storie della nostra gente di campagna”: Devo aggiungere che Maurizio Garuti è il rapsodo dell’umile ed eroico epos contadino, perché rapsodo, secondo l’etimologia di Pindaro, viene da ráptein, “cucire”. Garuti è dunque un rapsodo, un “cucitore di canti”.
Non c’è sua storia che non si collochi nella Bassa bolognese: o sotto l’argine del Samoggia, o a Castelguelfo, o, come ora, nella campagna fra Bentivoglio e San Pietro in Casale, dove i contadini, intenti a falciare l’erba medica, sentono, in quel fatale 24 Maggio 1915, il suono delle campane che annunciano l’inizio della guerra. Giuseppe sta falciando e nessuno lo ha avvertito “che stava per cambiare la storia del mondo, e anche la sua storia personale”.
Così a quarant’anni compiuti, quasi vent’anni dopo aver fatto il soldato la prima volta, viene spedito come fante sul Carso. Io credo che il commento di Giuseppe di fronte alla fatalità, “Si vede che mi tocca”, potrebbe campeggiare come titolo o come esergo di tutto l’epos contadino di Garuti..
Io non sto qui a raccontare quale sia stato “l’atto di codardia” di cui si sono macchiati i suoi commilitoni il giorno prima che Giuseppe arrivasse e quale sarà la punizione che le autorità militare vorranno imporre a quei poveri fanti. Quello che mi pare sempre decisivo per la qualità del racconto, di ogni racconto, sono gli episodi: ad esempio, la compresenza di “una cosa così bella e una così brutta” (amare la moglie, “crescere grano e figli”, e l’orrore dei cadaveri in putrefazione appena fuori dalla trincea); o la solidarietà fraterna fra barellieri tedeschi e italiani, quando, durante una tregua, vanno a raccogliere i poveri morti e si scambiano un sigaro e una manciata di carrube. Ma è soprattutto nella notte della scrittura delle lettere che l’arte di Garuti trova il suo vertice pietoso e sorridente: Giuseppe, che ha fatto la quarta elementare e che sa scrivere, è considerato un “maestro” dai suoi compagni analfabeti. Uno, il siciliano Carmelo, gli fa scrivere una lettera alla “matre sua”; un altro, Cristino, ai suoi 32 familiari che vuole tutti nominati nell’intestazione; un terzo, Evaristo, alla ragazza incinta chiedendole di sposarla, perché il figlio che deve nascere abbia il suo nome e, se lui muore, lei abbia la pensione di guerra. Tutta povera gente per la quale la guerra contro gli Imperi Centrali è un’entità astratta e incomprensibile rispetto alla concretezza dei loro amori e dei loro bisogni.
Due giorni e una notte, come dice il sottotitolo, è un “racconto da leggere in pubblico o in solitudine”. Tuttavia io me l’immagino letto da Ivano Marescotti: sentirgli fare il fruscio della lama che taglia le spighe (crrss, crrss), il suono delle campane che annunciano la guerra (dan, dan, don, don), il grido della vecchia che ha capito (“La guèra, la guèra!), il rumore della bombarda (booom, booom) che devasta la trincea; e soprattutto me lo immagino rendere la varietà dei dialetti e dei sentimenti di quei due giorni e di quella notte in trincea.
Alessandro Castellari
Oltre a Ivano Marescotti, hanno interpretato questo testo
in scuole e biblioteche: Paola Ballanti, Tiziano Casella, Saverio Mazzoni.
Maurizio Garuti
Via Barberia 4
Romanzo
Minerva Edizioni, 2014, pp.214, € 15,00
Bologna, seconda metà del '900. Rosa lavora nello storico palazzo di via Barberia 4, sede del comunismo emiliano. E vede, ascolta, conosce decine e decine di personaggi pubblici – molti noti, alcuni notissimi – che entrano come protagonisti nel romanzo della sua vita. Lei è la “segretaria del Segretario”. Giorno dopo giorno il grande sogno del Pci la conquista e ad esso sacrifica famiglia e vita privata. Fra slanci di fede e dubbi della ragione, la sua vicenda umana finisce per subire gli urti della Storia, andando incontro a un doppio esito drammatico.
Prima presentazione:
3 ottobre 2014, ore 17
nella storica sede del PCI in via Barberia 4, Bologna
con Matteo Marchesini e Michele Smargiassi
Letture di Ivano Marescotti
Maurizio Garuti
Bla bla bla
Pestilenze linguistiche dalla A alla Z
Pendragon, 2014, pp.192, € 14,00
Maurizio Garuti torna a un suo bersaglio polemico: i virus verbali che infestano i linguaggi popolari. Lo fa con vena comica originale, capace di sorprendere il lettore cambiando ogni volta l’approccio alle parole prese di mira: si finge pseudolinguista, inscena un pezzo di teatro, propone un frammento di parlato, evoca l’invettiva da bar, cita lo slang televisivo e giornalistico. È come se una folla di personaggi, variamente contaminati dai conformismi dei nostri tempi, ci parlasse di pagina in pagina. Il risultato è un’opera corale esilarante, dove ognuno potrà riconoscersi. E vergognarsi.
Maurizio Garuti
Fuoco e neve
Romanzo
Pendragon, 2012, pp.150, € 14,00
“Si passa dall’infanzia alla vecchiaia e neanche te ne accorgi, sei diversa e sei sempre la stessa. Come i fiocchi che volteggiano nell’aria grigia. E da qui voglio partire per raccontarti la mia storia. Da qui, davanti alla finestra. E tu non ti muovere. Per le strade si scivola. Dicono che nevicherà per molti giorni. La senti bene la mia voce?
Mi si dice di carattere malmostoso. Quasi cagnaccio: ce ne sarebbe oltre la sopportazione, ma quando men l’aspetti t’arriva la sorpresa, perché l’irritazione, e di questo si tratta alla fine, dipende dall’insistenza della piccola e media editoria, per non parlar della grande, a produrre cadaverini e creaturine simili alla carta velina di un tempo, quella che si usava in ufficio quando non c’era il pc e le stampanti: leggere sfumature, una copia dall’altra, dipendendo oltremisura la qualità della stessa se fosse prima o ultima nella successione della battitura.
Quindi la stizza diventa invece maraviglia quando a produrre l’evento è un nome minimo (perché si ha voglia a dire, ma il piccolo editore è peggiore del grande non solo nella fotocopiatura del modello, ma anche nell’assoluta mancanza di coraggio): e il miracolo si chiama Maurizio Garuti insieme al suo breve romanzo col titolo già citato in alto.
Recensendo qualche settimana fa Partigiano Inverno del 31enne Verri, ci si sorprendeva del fatto che anima così giovane e piena di speranze riponesse la sua fiducia letteraria in una storia resistenziale. Ohibò, ma allora i giovani non son tutti insipienti e bamboccioni!
A dire il vero non sappiamo l’età del Garuti (non ci viene fornita dalle note biografiche) ma ci viene il sospetto che non sia di antico pelo e pertanto anche lui merita la nostra stima e il nostro gagliardo compiacimento perché racconta di antiche cose e di una guerra partigiana che il sottoscritto ritiene madre di tutte le storie, perché se il nostro novecento lo abbiamo avuto così è grazie anche alla lotta di liberazione.
Ma contrariamente al Verri che aveva locupletato il suo stile con pesi e contrappesi (a volte pesacci, scusate il brutto neologismo), Garuti con una forma piana e senza parola di troppo ci consegna una storia commoventissima e fin quasi alle lacrime finali (dunque che dire dell’orco con carattere malmestoso che versa stille salate per una, tutto sommato, finzione?).
La vicenda dei due gemelli monozigoti e della story teller è davvero riuscita, e per quanto raccolta in poco più di cento pagine (in corpo sostanzioso) attraversa quasi un secolo senza incompletezze, senza approssimazioni, senza superficialità, ma anzi, con i dovuti riferimenti storici, ma soprattutto permeata di un amore sconfinato per la propria (cioè personalissima dell’autore) geografia (pianura e collina bolognese).
Sì, senz’ombra di dubbio, un piccolo miracolo, un’epifania letteraria di cui si aveva davvero bisogno, in questi tempi di brutti scherzi editoriali e di un dilettantismo portato alle estreme conseguenze e fatto passare, ahinoi, per sicura professionalità.
Caro Garuti, se non avessi incontrato prima del tuo libro, quello di un grandissimo, e sottostimato dai più, scrittore quasi ottantenne, avrei candidato te alla seconda edizione del premio letterario Paradiso degli orchi.
Sarà per un’altra volta. Ma tu meriti un grazie molto sentito e passionale.
Alfredo Ronci, “Il Paradiso degli Orchi”, Rivista di letteratura contemporanea
Anche a Bologna si moltiplicano i corsi di scrittura. Niente di male. Certo, saper scegliere cosa leggere è oggi atto più creativo che abbozzare l’ennesima trama da fiction tv (...). Non abbiamo bisogno di graphic novel sulle stragi, ma di scarni pamphlet in cui l’immensa mole di documenti sia intelligentemente, narrativamente antologizzata. Buona parte delle memorie “mute” della nostra società attende questo trattamento. Sì, si può farne anche “romanzi”: ma occorrono una delicata asciuttezza, una perizia artigianale che latitano nei corsi di scrittura, dove si mira al simil-bestseller.
Queste doti si potrebbero invece imparare da Maurizio Garuti, che da anni svolge un gran lavoro di documentazione sul bolognese, e che a un’esattezza calviniana unisce un talento da storico del costume. Lo dimostra “Fuoco e neve”, “romanzo di una storia vera” uscito ora da Pendragon. Qui la testimonianza di una staffetta partigiana, cresciuta in una borgata persicetana che non c’è più, diventa alta narrativa, senza che l’autore conceda nulla ai toni pittoreschi così in auge nei nostri laboratori di fiction.
Matteo Marchesini, “Il Corriere della Sera”, edizione di Bologna, 24 novembre 2012
Maurizio Garuti
Rimessa in gioco
Pendragon, 2010, pp. 228, € 15
Un ex calciatore, un’ascesa rapida dai campi di periferia alla serie A. Il denaro, il successo. Un grave incidente di gioco, l’abulia, l’incapacità di reggere lo stress agonistico. La fuoriuscita dal sistema, la deriva. Poi, come una palla dal rimbalzo fortuito, l’occasione illecita per rifarsi una vita e riconquistare la donna amata. Una trama avvincente, in una Bologna avida e impassibile.
Genere: thrille
È uscito per Pendragon un romanzo che si divora con gusto, e che a quelle «gastronomiche» associa notevoli qualità di stile. In Rimessa in gioco, Maurizio Garuti – che tra le altre cose è anche autore di monologhi per Vito e Ivano Marescotti – fonde la sua esperienza di cartografo della Bassa e la sua antica vocazione satirica con atmosfere da noir metafisico.
In una Bologna sospesa tra tecnologia e rifiuti, tra banche e periferie fluviali, l’ex promessa non mantenuta del calcio Michele Dallari sta per restare senza soldi, senza moglie e senza casa. È un 38enne che ha deluso le speranze riversategli addosso dalla sua donna, dai tifosi e dai parenti contadini, l’uomo che trova in un cestino di via dei Mille il portafoglio di un ricco manager.
Così, giocando con la sua disperazione, Michele risale da un numero a un conto bancario, e da un’indagine sullo sconosciuto alla password che lo rende virtualmente padrone di 15 milioni di euro. Ma mentre gli capita tra i piedi questa palla volante, con cui potrebbe recuperare una partita esistenziale ormai persa, un oscuro clochard lo segue come un’ombra anzi ne anticipa le tentazioni, lo minaccia e insieme gli spiana la strada della truffa e dell'omicidio. Questo vagabondo è la sua cattiva coscienza, come le onnipresenti pattumiere sono l’inconscio putrescente della città, l’archivio dei suoi rimorsi.
Rimessa in gioco è un racconto sulfureo e faustiano: una storia di follie e degradazioni degna di Soldati, lo scrittore che più ha insistito sul tema della fortuna e sulla figura diabolica del «benefattore». In questo romanzo pieno di animali (cimiteri canini, pitoni da appartamento) molti personaggi somigliano a bestie maligne, a lemuri interiori: un cronista sportivo esaurito, un bancario perverso, un bibliotecario tossico, un fratello demente... E sullo sfondo, i suburbi del Reno e della Lame sono descritti con una straniante precisione calviniana, che tocca punte di virtuosismo nelle scene in cui tecnica e natura si mescolano misteriosamente (vedere il superbo capitolo sul blackout). Garuti sa cogliere benissimo la ferinità che accompagna i nostri gesti e i nostri sogni umani come un fatale rovescio. E forse proprio grazie a questa dote, il suo ritratto di Bologna ha un’attendibilità rara.
Matteo Marchesini, Corriere della Sera, Bologna, 27 maggio 2010
Maurizio Garuti
La lingua neolatrina
Visite guidate ai luoghi comuni dell’italiano del terzo millennio
Pendragon, 2008, pp. 205, € 14
“I luoghi comuni che infestano il linguaggio quotidiano
raccontati con un’inventiva
che va dall’ironia arguta al sarcasmo feroce.
Un dizionario che si legge
come un romanzo comico
sui malanni della nostra lingua e del nostro tempo”.
Maurizio Garuti
Fantasmi di pianura
Diabasis, 2001, pp. 127, 11,36
Romanzo
Un
affermato professionista bolognese, al termine della carriera, si
accinge a realizzare il sogno della sua vita. Acquista la vecchia
casa di campagna doc'è nato e ricostruisce – con lo
scrupolo dello scenografo di un film d'epoca – l'ambiente
in cui cinquant'anni prima ha vissuto la sua infanzia. In questo
jurassic park della memoria il protagonista si trasferisce con la
giovane moglie e il figlio diciottenne. Per completare il senso
del ritorno, pensa di riunire – per una sera – tutti
i nuclei in cui si è divisa l'antica famiglia patriarcale.
Organizza un banchetto e invita i fratelli, le loro mogli, i loro
figli e nipoti. Al convegno prenderanno parte anche i rami recisi
del vecchio albero contadino, i "fantasmi" che la febbre
nostalgica del protagonista ha come evocato dal passato. Ma lo scontro,
fra nuovi egoismi e vecchi rancori, sarà drammatico.
«Sempre più spesso si trovano buoni
libri di narrativa, di autori nuovi o collaudati, presso editori
non famosissimi. Forse il setaccio delle grandi case editrici funziona
male; oppure, ipotesi più probabile, i “posti”
a disposizione sono così pochi che gli autori fuori del giro
devono arrangiarsi. Si è arrangiato molto bene Maurizio Garuti
stampando il suo primo romanzo (Garuti è già noto
come autore teatrale e comico-satirico) presso Diabasis, un editore
che cura moltissimo il contenitore insieme al contenuto...
Una casa di campagna è al centro del romanzo: la casa che
il sessantenne Stefano Livraghi, ricco e stimato professionista
bolognese, decide di acquistare per farne la sua residenza dopo
essersi autopensionato. Ma il progetto di Stefano non si limita
a un semplice trasferimento in campagna sulla spinta dell’orgoglio
di tornare in possesso della casa che appartenne ai Livraghi. La
sua nostalgia per gli anni dell’infanzia e della prima giovinezza
è diventata una vera e propria fredda ossessione...
L’esperienza di autore teatrale (vincitore di un Premio Riccione)
consente a Maurizio Garuti di muovere senza mai strafare gli attori
della sua storia. Tutto suona lecito, anche la contrazione del tempo,
anche la ripresa dei fili abbandonati da anni, a cominciare da amori
e rancori. Commedie e drammi si riaccendono, si rinnovano, e quello
che avrebbe dovuto essere un paradiso terrestre ricostruito si trasforma,
non appena Stefano molla le redini del copione in un normalissimo
collage di comportamenti umani...»
Giuseppe Pederiali,
“Italia Oggi”, 20 ottobre 2001
«Non c’è la magia del tempo ritrovato, come nei
film di Pupi Avati... E dire che Maurizio Garuti sa come affascinare
il lettore, almeno in avvio del romanzo, il suo primo, “Fantasmi
di pianura”, atmosfere emiliane, agresti, fatate. La truovaille
non è nuova di zecca, eppure è sempre seducente. Un
dentista sessantenne lascia la professione, obbedendo a un irresistibile
richiamo: riappropriarsi (spenderà una fortuna) della dimora
avita, restaurandola in ogni anfratto, umore, odore. “Doveva
tornare tutto come una volta. La polvere, il fango, il caldo, l’umido,
il secco. Con fedeltà puntigliosa, accanita”. E così
sarà...
Quale sarà il “prezzo dell’Arcadia”, l’Arcadia
mesa in scena da Maurizio Garuti (con “La casa dei ferrovieri”
ha vinto il premio IDI per la migliore commedia dell’anno)?
Lo stesso “apprendista stregone” ammette che, “a
forza di evocare un mondo perduto, aveva finito per ridare a esso
il soffio vitale; ma ora non riusciva a tenerne le briglie, rischiava
che tutto gli sfuggisse di mano. Era tutto così incerto,
imprevedibile, fuori dal copione”.
I paesaggi immacolati – interiori ed esteriori – appartengono
all’età innocente, l’infanzia, l’infanzia
d’antan, nessun demiurgo saprebbe ricomporli. Gli adulti convocati
da Garuti (e con loro i bambini che si specchiano negli adulti)
sono personaggi in cerca di amanti, di denaro, di potere, di griffe...»
Bruno Quaranta,
“Tuttolibri” (La Stampa), 22 settembre 2001
«Garuti intreccia con sapienza i fili del
dramma e regala la giusta sospensione delle atmosfere, ma è
soprattutto la scrittura, nitidissima, capace di dar conto di ogni
particolare e di insinuarsi in ogni piega del paesaggio (come certe
descrizioni iperrealiste del miglior Calvino, come la tela di Mattioli
in copertina, come le ossessioni filologiche del protagonista) a
fare di “Fantasmi di pianura un libro speciale. Un libro che
ha spesso la perentorietà della sceneggiatura e le movenze
del teatro, ma che può anche essere letto come una minuziosa
enciclopedia rurale, come un breviario della nostra storia emiliana
negli ultimi cent’anni – storia di enormi famiglie di
mezzadri, di povertà e consumi, di speranze rovesciate. Perché
Garuti è un vero ritrattista, un satirico capace di disegnare
in pochi tratti i “tipi” e il loro microcosmo sociale...»
Matteo Marchesini,
“Zero in condotta”, 12 ottobre 2001
Maurizio Garuti
Parole come virus
Comix Sperling, 1994, pp. 128, L. 10.000
Consiglio la lettura di questo libretto di
Maurizio Garuti. Solo suggerisco di non leggerlo una pagina qui
e una là, scambiandolo per un ricettacolo di freddure, ma
di leggerlo tutto di seguito come si addice a una rappresentazione
aspra e pungente dei malanni della nostra cultura colti attraverso
l’analisi delle parole che più comunemente usiamo.
Analisi che ne studia (immediatamente) il significato, ma semmai
ad esso arriva attraverso l’osservazione delle loro caratteristiche
foniche, la composizione vocalico-consonantica, le filiazioni dovute
a rapporti di assonanza o a determinazioni di serie storiche... Gli esempi si susseguono e ognuno presenta una trovata sorprendente,
un giro di osservazioni inedito. Le parole vengono indagate ora
con l’accanimento del tecnico della lingua che non tollera
compromessi nell’applicazione della scienza (della scienza
di cui è devoto); ora con il candore dell’ingenuo per
il quale non esistono regole cui attenersi; ora con la malizia del
furbo che ne sa sempre una più del diavolo. Garuti è
ognuno di queste tre persone: di queste tuttavia amiamo di più
quella che più si avvicina al modello demenzial-deduttivo
di Achille Campanile.
Angelo Guglielmi,
“L’Espresso”, 1 luglio 1994
«Il titolo sembra serio e intimidisce; il
testo, invece, è liberissimo, intelligente e fa anche divertire.
Diverte davvero, procedendo pagina per pagina. Non fa sbellicare,
non si fa leggere nella fretta orgasmatica con cui si leggono o
librettii troppo fortunati dei comici attuali (letti e buttati);
ma fa sorridere a fondo, muovendo l’attenzione e le idee;
strusciando den,tro la testa e producendo una fibrillazione continua.
Perché l’autore è riuscito a ad attaccare parola
a parola, procedendo nella scrittura; in modo che il libretto così
costante e affatto pigro sembra come un treno verbale illuminato
dalla buona grazia, e in un movimento veloce, tanto da dare realmente
la sensazione di un viaggio; voglio dire di essere partiti con curiosità
e di dover arrivare alla fine caldi di buoni umori. La pagina di
Garuti è di grana forte, anche se sembra così leggera;
fuori dal recinto linguisticamente peccaminoso di troppi testi di
divertimento attuali. Non si consuma nella prepotenza
o nella supponenza sopra le tavole della scrittura. Semmai, Garuti
è sulla strada di Bergonzoni, con una attitudine meno drammaticamente
convulsa sulle parole e, per conto suo, con una leggerezza appena
stravolta, ma costantemente stravolta, da un’ironia che dà
al suo testo una levigatezza luccicante. Tutte le sue pagine stanno
dentro l’ordine della ragiona; ne sollecitano anche i guizzi
e non si perdono nel caos evidente del mondo, che ci sovrasta. Entrano
invece, o tentano invece di entrare nel disordine del linguaggio
per riagganciarsi al poco ordine residuo, che può forse salvare».
Roberto Roversi, “l’Unità”, 4 luglio 1999
Maurizio Garuti
Italiani!
La Storia che ride
Aliberti editore, 2011, pp.207, € 15,00
La Storia come non ve l’hanno mai raccontata. Sette racconti sorprendenti che riscrivono in chiave satirica vicende e personaggi dell’album di famiglia nazionale. E ne mettono in rilievo i trucchi e le furbizie, gli eroismi e le viltà, le farse e le tragedie. Il tutto nel rispetto di “come sono effettivamente andate le cose”. Alcuni di questi testi sono stati portati in scena da Vito e Ivano Marescotti.
Garuti ci restituisce con precisione le vicende comiche o cruente e i caratteri antropologici che hanno fatto di noi gli italiani che siamo... Qui non c’è né cattiva demagogia né cattiva divulgazione. L’autore ha messo il suo umorismo al servizio della spietata contraddittorietà della storia, scrivendo un testo divertente ma anche utile ed ‘ecologico’. Ecco perché Italiani merita di trasformarsi subito in un libro da leggere a scuola.
Matteo Marchesini, “Il Corriere della Sera”, edizione di Bologna
Accanto alla nota comica si avverte un’altra nota più meditativa. Maurizio Garuti è uno ‘scrittore di pianura’ che non dimentica le fatiche e le sofferenze del mondo contadino. Così la genealogia degli Zappaterra, coi loro morti e con le loro vedove di guerra, è uno spaccato esilarante e pensoso, comico e dolente della storia d’Italia degli ultimi cent’anni. Il genere comico di qualità, come ci ha insegnato Pirandello, ci restituisce sempre il riso e il pianto della vita.
Alessandro Castellari, “la Repubblica”, edizione di Bologna.
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